La lunghezza del nome con cui ci riferiamo agli oggetti
è inversamente proporzionale alla nostra vicinanza ad essi1
(non casualmente il nostro mondo è popolato di 'cose' e non di 'pinzillacchere' o 'asdrubali'. E men che meno da 'barbaggianerie').
Ovviamente questo è ancora più vero per il modo in cui ci rivolgiamo alle persone. Ma questo richiede una
Piccola premessa cosmogonica
Quando si crea un nuovo universo, tutto è pronto e lustro per essere nominato, per ricevere il suggello del battesimo dallo scopritore, per essere definito univocamente. Anche se il materiale è preesistente – e le molecole e gli atomi e gli elettroni, e gli anioni e i cationi (e la materia e l'antimateria) sono presenti da prima, e si tratta solo di una cosmica ricombinazione di elementi e di un nuovo pasticcio con tempi di cottura variati, e accelerazioni e decelerazioni, inediti accoppiamenti e accostamenti bislacchi di ciò che già c'era, senza nulla di veramente nuovo – anche se tutto questo non ha alcunché di davvero originale nelle sue componenti, è la modalità impastatoria a fare del processo creativo una novità (come? Ah, sì: 'postmoderno').
Dunque, quando queste cosmiche particelle che hanno già sperimentato universi e relazioni e, viaggiando nel vuoto spaziale, si sono scontrate combinate separate da altre particelle e hanno acquisito nomi e identità e funzioni, e si sono reciprocamente adattate ai contesti e allo spostamento di senso determinato dal bilanciamento di ruoli e competenze con altre particelle, quando, ancora una volta, ignorano la futilità del loro eterno cercare e viaggiare e di nuovo si ricombinano, sperando che il periodo di stabilità possa essere più lungo o forse accettando l'inevitabile transitorietà della fusione, allora vengono definite, escono dall'indistinto anonimato del vuoto pneumatico e vengono chiamate. Con un nome nuovo, ma che diventa il loro, per la durata breve dell'incontro.
(e ora, dato che la Piccola premessa cosmogonica è evidentemente sfociata nella storia vera e propria, si può passare alla
Storia vera e propria.
Inframmezzata da brevi notazioni cosmogoniche – b.n.c.)
'Pupa' era il modo in cui si riferiva inizialmente a me, e senza nessun intento offensivo o strumentalizzante. Nessuna reificazione (cosificazione per i latinofobi, in aumento). Era semplicemente il mio nome in quell'incontro di particelle, il modo in cui ero definita in quella relazione. Non mi dispiaceva. 'Piccolo' era il suo nome.
b.n.c.
Il nome può anche cambiare all'interno della relazione, e modificarsi in base alle forme diverse che assume l'insieme di particelle. L'evoluzione è rapida, a considerarla dall'esterno, e subito l'accomodamento degli elementi avviene alla ricerca soluzioni migliori, fino a raggiungere l'apice, l'ottimizzazione della funzionalità relazionale. Gli elementi si dispongono con simmetria perfetta, a simboleggiare l'accordo raggiunto, la sintesi migliore per quelle due particelle provenienti da diversi angoli cosmici.
s.v.e p.
'Cucciola', ero definita, 'Cucciolo' lo definivo.
b.n.c.
Finché poi l'unicità della combinazione delle particelle cosmiche, diverse e casualmente incontratesi lungo le reciproche inutili traiettorie, non acquista, con la stabilità, l'inserimento in una tassonomia standardizzata, ricevendone in premio la banalizzazione. Le due particelle non potrebbero essere più vicine, ma nemmeno meno originale la loro combinazione da due ad uno. Hanno creduto di costituire un nuovo elemento, sconosciuto nel cosmo, unico e particolare, e invece si ritrovano in un manuale di chimica, enumerati fra i possibili risultati della combinazione di due elementi come loro, modello di congiungimento diffuso e non più funzionale di altri. Accettano la banalità della definizione, illudendosi ancora che per loro sia diverso.
s.v. e p.
'Amore' era il nome di entrambi.
b.n.c.
Infine, dato che
La lunghezza del nome con cui ci riferiamo agli oggetti
è inversamente proporzionale alla nostra vicinanza ad essi
stancamente manifestano la massima vicinanza raggiunta, fingendo di ritenerla ancora prova di unicità e perfetta simbiosi.
s.v. e p.
Arrivammo a chiamarci 'A'.
b.n.c.
Alcune particelle si stabilizzano su questo risultato, paghe della fusione raggiunta e fiere di trovare la descrizione del proprio composto nei manuali di chimica, canonizzate dall'ufficialità. Proseguono nel cosmo abbarbicate nella loro unione di massima vicinanza e bassa particolarità, e, stanche della prospettiva di proseguire nel cosmo buio e freddo, sperimentano quella a cui è stato dato il nome di felicità.
Altre all'improvviso danno un colpo di reni e, incapaci dell'appagante e calda sistemazione duale, ritornano uniche, imperfette e indefinite, e sempre più scettiche.
s. v. e p.
Ora ho solo un nome proprio, ma quantomai generico.
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1L'autore dell'epigrafe dipende dal giudizio di chi la legge: è variabile come le scale di Hogwards. Se vi piace, è mia, altrimenti è anonima e l'ho inserita di malavoglia, perché le epigrafi proprio non mi piacciono.